Un cammino di Francesco sull’Alpe di Catenaia

itinerario tra i Prati della Regina e l’Eremo della Casella seguendo il Santo d’Assisi

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  • Faggio lungo il CAI 012
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  • Sasso della Regina, Catenaia
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  • CAI 50 su Catenaia
  • CAI 50 su Catenaia
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  • Tra il CAI 028 e il GEA 20A
  • Incrocio CAI 50, GEA 20A
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  • Eremo della Casella
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  • Simone e Simoncello dalla Casella
  • CAI 50 GEA verso La Verna

UNA DIMORA DI SAN FRANCESCO

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Il Castello di Montauto, a 786 metri di quota, sulle pendici sud dell’Alpe di Catanaia, nel Comune di Anghiari.
A quest’antico maniero Francesco e i suoi compagni giunsero la sera del 30 settembre 1224. Ne era proprietario il Conte Alberto Barbolani, amico del frate e sempre disponibile a offrirgli ospitalità durante i suoi spostamenti. Il futuro santo confidò al conte che quella era l’ultima volta che si sarebbero visti. Questi gli chiese di lasciargli qualcosa in suo ricordo, ma il frate gli rispose che non gli era possibile perché con sé aveva solo l’abito. Il Conte Alberto ebbe un’idea: nottetempo mandò la servitù a Sansepolcro a comprare un tessuto di lana grezza. Al mattino, Francesco trovò un nuovo saio appena cucito dalle donne del castello con cui proseguire il cammino e rese felice la Famiglia Barbolani donandogli la vecchia veste.
Se quanto narrato sia verità o leggenda nessuno può dircelo, ma le tradizioni non nascono dal niente. Francesco era molto amico dei Barbolani e quella era una strada abituale. Perché in quel suo ultimo viaggio non avrebbe dovuto farla? Se non altro, per un ultimo saluto a quei cari amici.
Ora entriamo nella storia ufficiale, documentata, della veste esposta alla Verna. Fin dal XIV secolo, nella Diocesi di Arezzo era attestata la presenza di un saio francescano nel Castello di Monteauto e c’era la convinzione che quella veste fosse appartenuta al Santo di Assisi. Ciò aveva generato pellegrinaggi in questo luogo, ufficialmente autorizzati nel 1444 dal Vescovo Roberto. Firenze, che dopo la vittoria nella Battaglia di Anghiari contro Milano (1440) aveva preso il dominio di questo territorio, voleva far sua quella preziosa reliquia. Così, inviò a Montauto una delegazione di francescani che vi giunsero il 27 gennaio del 1503. Questi convinsero i Conti Barbolani che quello non era il luogo adatto per conservare una così preziosa reliquia, poco sicuro e scomodo per chi volesse vederla. Presa la veste, rientrarono a Firenze facendo tappa, la prima notte, al Castello di Rondine (l’attuale Cittadella della Pace tra Ponte Buriano e Castiglion Fibocchi) e a Figline Valdarno, la seconda sera. L’abito trovò sistemazione nella chiesa del convento di San Salvatore al Monte alle Croci, poco fuori città. Dagli anni Trenta di quel secolo, però, la gestione di quel luogo francescano si fece sempre più difficile. Anche le condizioni della struttura diventavano sempre più precarie. Nel 1571 fu deciso di spostare la veste di San Francesco nella nota chiesa fiorentina di Ognissanti, anche questa gestita dai francescani. Nel 2001 maturò l’idea di portare il saio a La Verna, spostamento che si concretizzò nel 2002. Quell’abito, quindi, è tornato in quel santo luogo dove quasi otto secoli prima era stato forato, all’altezza del costato, da un intenso raggio di luce divina.

Montauto Castle, at 786 meters above sea level, on the southern slopes of Alpe di Catanaia, in the Municipality of Anghiari.
Francesco and his companions arrived at this ancient manor on the evening of 30 September 1224. It was owned by Count Alberto Barbolani, a friend of the friar and always available to offer him hospitality during his travels. The future saint confided to the count that this was the last time they would see each other. The latter asked him to leave him something in his memory, but the friar replied that it was not possible because he only had his habit with him. So, the Count had an idea. At night, he sent his servants to Sansepolcro to buy a cloth of raw wool. In the morning, the friar found a new habit, freshly sewn by the women of the castle, with which he continued his journey and made the Barbolani family happy by giving them his old robe.
Whether what is narrated is truth or legend no one can tell us, but traditions do not spring from nothing. Saint Francis was a close friend of the Barbolani and that was a customary path. Why would he not take it on his last journey? If nothing else, for a final farewell to those dear friends.
Now, let us talk about the official, documented history of the robe on display at La Verna. Since the 14th century, there had been evidence in the Diocese of Arezzo of the presence of a Franciscan robe in the Castle of Monteauto and there was a belief that that robe had belonged to the Saint of Assisi. This had generated pilgrimages to this place, officially authorised in 1444 by Bishop Robert. Florence, which after the victory at the Battle of Anghiari against Milan (1440) had taken over this territory, wanted to make that precious relic its own. For this reason, it sent a delegation of Franciscans to Montauto, who arrived there on 27 January 1503. They convinced the Counts Barbolani that this was not the right place to keep such a precious relic, as it was unsafe and inconvenient for those who wanted to see it. Having taken the robe, they returned to Florence, stopping at the Castle of Rondine (today’s Cittadella della Pace between Ponte Buriano and Castiglion Fibocchi) on the first night and at Figline Valdarno on the second one. The dress was placed in the church of the convent of San Salvatore al Monte alle Croci, just outside the city. From the 1930s onwards, however, the management of that Franciscan place became increasingly difficult. The condition of the building also became poorer and poorer. In 1571, it was decided to move the robe of Saint Francis to the well-known Florentine church of Ognissanti, also run by the Franciscans. In 2001, the idea matured to take the habit to La Verna, which was actually moved in 2002. That habit, therefore, returned to that holy place where almost eight centuries earlier it had been pierced, at the level of the side, by an intense ray of divine light.



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