La Pieve di Santa Maria Assunta a Montemignaio
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Testi e foto di Alessandro Ferrini ©
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La Pieve di Montemignaio, il romanico in un borgo montano
La zona di Montemignaio, come il resto dell’alto Casentino, appartenne ai Guidi fin dall’XI secolo. Anche qui, come a Stia, Romena e Castel San Niccolò, abbiamo un castello di questa nobile casata in alto e una pieve romanica più in basso. Anche qui, come per le chiese di Romena e Strada e le “consorelle” valdarnesi di Scò e Cascia, la leggenda che la pieve sia stata costruita grazie a un ingente lascito della Contessa di Canossa morta nel 1115. Una tradizione che non ha nessun fondamento storico, molto più probabile è che la sua edificazione sia avvenuta, come le altre casentinesi, attorno alla metà del XII secolo, per il volere e il finanziamento dei Guidi.
La Pieve di Montemignaio, intitolata a Santa Maria Assunta, occupò sicuramente il posto di un’altra chiesa ricordata già in documenti d’inizio XII secolo che la indicano appartenente ai Vescovi di Fiesole che l’avevano posta sotto il patronato dell’Abbazia si Sant’Ilario presso Sant’Ellero. L’edificazione dell’attuale chiesa si protrasse più a lungo rispetto alle altre grandi pievi romaniche della valle e agli inizi del XIII secolo fu posta sotto il patronato dei monaci di Vallombrosa che acquistarono anche diversi appezzamenti di terreno circostanti la chiesa. La storia della Pieve di Montemignaio è contrassegnata da molti interventi di ristrutturazione, modifiche, consolidamenti che si sono susseguiti nei secoli, dall’antichità a tempi nostri. Questo per la decisione di qualche pievano di modificarne l’aspetto e la funzionalità, ma più che altro per andare a rimediare a cedimenti strutturali dovuti ai movimenti del terreno su cui la chiesa fu costruita, poco consistente e a poca distanza dal torrente Scheggia. Nella prima metà del XVII secolo, per l’infuriare della peste in Casentino, la chiesa fu adibita a lazzaretto. Nel XVII secolo fu costruito un porticato davanti alla facciata che rimase fino al 1904 quando abside e facciata, che si trovavano in un stato molto precario, furono completamente rifatte. La prima ampliandola tanto da farla divenire sproporzionata rispetto al resto dell’edificio, la seconda mutandone completamente l’aspetto per l’aggiunta di due portoni laterali e tre grandi oculi. Nel 1965 la Sovrintendenza di Arezzo dovette provvedere a un grosso intervento di consolidamento della chiesa fin dalle fondamenta, in particolar modo nella parte anteriore.
Anche delle pareti laterali ben poco è rimasto dell’impianto originale. Una testimonianza del pietrame originale della pieve, ben squadrato e molto consumato, è presente nella parete destra, quella dalla parte della canonica. In fondo a questa parete e accanto alla grande abside si trova la torre campanaria della pieve. Questa è stata ricavata probabilmente da una torre di guardia preesistente rispetto alla chiesa. La parte superiore mostra evidente una successiva ricostruzione.
L’architettura interna è quella che troviamo nelle altre pievi romaniche con le classiche tre navate, ma il colpo d’occhio, entrando, è ben diverso. Sicuramente ci colpisce l’inclinazione dell’intera struttura dovuti agli spostamenti del terreno di cui è già stato fatto cenno. Secondo aspetto diverso è che non abbiamo colonne monolitiche, ma pilastri intonacati dove ancora sono presenti affreschi più o meno leggibili. Dipinti databili fine XIV secolo tranne quello sul secondo pilastro di destra, più tardo (fine XV secolo) e ben visibile che mostra la Madonna con Bambino seduta in trono all’interno di un baldacchino le cui tende sono tenute aperte da due angeli. Dopo tre coppie di pilastri sono presenti, nella zona presbiteriale, quattro colonne. Queste sono sormontate da capitelli che, nonostante presentino una scolpitura meno profonda di quelli delle altre pievi, mostrano lo stesso stile a conferma che furono eseguiti dalle stesse maestranze, o almeno appartenenti alla medesima scuola (lombarda con influenza d’Oltralpe). L’illuminazione interna è data da strette monofore e dai tre oculi sulla facciata.
Altro importante valore della Pieve di Montemignaio sono cinque opere l’arte di tipologia e periodo diverso qui conservate. Oltre l’affresco sul pilastro di cui già fatto cenno, sulle pareti della chiesa si trovano: una tavola cinquecentesca attribuita a Michele di Ridolfo del Ghirlandaio con la Vergine in trono con Bambino tra i Santi Gregorio Papa, Bonaventura, Agostino Vescovo e Tommaso d’Aquino; un’Annunciazione su tela del XVII secolo di autore ignoto; una terracotta invetriata con Madonna e Bambino tra i Santi Antonio Abate e Sebastiano databile 1500 circa e attribuita a Benedetto Buglioni. Per ultima, ma prima come valore artistico, una tavola della prima metà del XV secolo attribuita al fiorentino Rossello di Jacopo Franchi. L’Opera mostra la Vergine con Bambino. Per la popolazione locale è nota come “Madonna delle Grazie”.