La Pieve di Sant’Antonino a Socana

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Pieve di Socana

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36 immagini in sequenza della Pieve di Socana accuratamente descritta. Clicca per ingrandire

Socana e la sua chiesa romanica, una storia iniziata nel V secolo a.C.

Abside ed ara di SocanaPer secoli si è protratta una leggenda che parlava di un importante luogo di culto etrusco esistito dove oggi si trova la romanica Pieve di Socana in Casentino.
Nel periodo dal 1967 al 1975, la Soprintendenza alle Antichità d’Etruria fu promotrice di alcune campagne di scavi presso varie chiese della provincia. A Socana, scavando dietro la pieve romanica, a pochi metri dall’abside, venne alla luce un reperto archeologico di straordinaria importanza, bellezza e fascino: una grande ara etrusca databile V secolo avanti Cristo. Vicino a quest’altare non poteva non esserci un tempio i cui resti furono infatti rinvenuti sotto la chiesa e una parte della scala che saliva nel sacro edificio (rivolto verso est) è oggi visibile dietro una grata posta a sinistra dell’abside. La secolare leggenda era divenuta verità storica. In realtà le prime avvisaglie della presenza etrusca a Socana si erano avute negli anni Venti del Novecento quando erano stati trovati alcuni reperti attinenti a questa civiltà. Poi, il toponimo è un altro indizio non di poco conto. Gli scavi archeologici portarono alla luce anche altre due chiese precedenti quella odierna risalente alla metà del XII secolo. Una altomedievale (VIII o IX secolo), un’altra costruita intorno all’anno Mille. Di queste parleremo più avanti perché prima di descrivere Socana sotto l’aspetto architettonico-archeologico, è opportuno inquadrare il luogo da un punto di vista storico-logistico.
Fin da epoca etrusco-romana, da Buriano, nei pressi di Arezzo (oggi Ponte Buriano) una strada si dirigeva verso il Casentino tenendosi lungo la sponda destra dell’Arno. Era la Via Maior, chiamata in tempi moderni Via delle Pievi Battesimali dal Prof. Alberto Fatucchi. A Socana questa strada s’incrociava con la Via Abversa, o Abaversa; italianizzando, Via Traversa. Cosa attraversava questa strada? Sicuramente la parte bassa della valle del Casentino, ma non è da escludere che attraversasse l’intera penisola italica. Rimanendo vicino a Socana, la Via Abversa, in direzione nord-est, saliva verso il Monte della Verna (ancora ben lontano da conoscere San Francesco) tenendosi inizialmente parallela al Torrente Rassina (che darà il nome al paese accanto a Pieve Socana), toponimo importantissimo derivante da Rasenna, o Rasna, il nome utilizzato dagli etruschi per definire sé stessi. In direzione opposta dove si dirigeva questa strada? Gli Annali Camaldolesi ci aiutano a capirlo, infatti vi è riportato che Badia Santa Trinita in Alpe, sulle pendici sud del Pratomagno, fu fondata lungo la Via Abversa. A conferma di questo, a poca distanza dai ruderi dell’abbazia c’è un piccolo corso d’acqua che nelle mappe antiche, ma anche in quelle attuali, è chiamato Fosso della Via Campanile di Pieve a SocanaTraversa. Questo toponimo ci indica in modo inequivocabile in quale zona passasse la Via Abversa da Socana verso sud-ovest. Poi la strada continuava a salire per andare ad attraversare il massiccio del Pratomagno al Varco di Anciolina da cui scendeva a Gropina presso Loro Ciuffenna. Altro sito etrusco testimoniato dal toponimo e da alcuni reperti trovati a metà del Novecento. Possiamo quindi affermare, con poche possibilità d’errore, che la Via Abversa fu il collegamento diretto, senza passare da Arezzo, tra due siti etruschi, due chiese altomedievali e le pievi romaniche di Gropina e Socana.
Tornando in quest’ultimo luogo, l’ara etrusca oggi ammirabile è qualcosa di notevole, per la sua dimensione, metri 5 x 3,75, e per la raffinata lavorazione della pietra arenaria (sicuramente materiale locale) con cui fu realizzata nella seconda metà del V secolo a.C. Così è stata datata dagli archeologi. Nella parte superiore le grandi pietre sono caratterizzate da una precisa modanatura rotondeggiante e sono tenute insieme da grappe di piombo a coda di rondine. Ai lati dell’altare sacrificale di Socana possiamo vedere altre mura probabilmente delimitanti il luogo sacro che sembra abbia avuto la protezione di una importante famiglia per oltre un secolo. Questo si deduce dalle iscrizioni di una Gens Kreine riportate su due grandi pietre votive rinvenute nei pressi dell’ara ed oggi conservate nel Museo Archeologico di Arezzo.
Altri importanti reperti etruschi appartenuti a Socana sono esposti nel Museo Archeologico del Casentino, a Bibbiena. In particolare un’antefissa a testa di Menade databile V secolo a.C. (questa ed altre ornavano le gronde del tempio) e una testa femminile raffigurante la Dea Minerva riferibile al II secolo a.C.
Il tempio crollò in epoca romana probabilmente per un incendio. Relativi al periodo imperiale, a Socana non sono stati trovati reperti significativi, questo si giustifica dal fatto che in quell’epoca il luogo ebbe un declino poiché perse importanza logistica. I romani, infatti, per i loro spostamenti verso nord utilizzavano la Clodia (strada che passava per Gropina, ricalcata oggi dalla Setteponti del Valdarno), mentre per dirigersi in Romagna percorrevano la Valtiberina. Tornando a Socana, i resti di mura, poco più distanti dalla chiesa rispetto all’ara, in un primo tempo furono classificati romani, in seguito la datazione è stata rivista e sono stati riferiti al medioevo, coevi alla chiesa del Mille o forse alla prima chiesa cristiana (di cui il visitatore di Socana non può vedere niente) che aveva una dimensione e posizione all’incirca corrispondente a quella che è la navata destra dell’attuale chiesa.
Pieve a Socana, la facciataÈ proprio con la costruzione di questa chiesa, VIII o IX secolo, che si può datare la ripresa di Socana dal punto di vista spirituale e logistico. Probabilmente proprio per questa importanza che andava ad aumentare, intorno al Mille fu edificata una nuova grande chiesa con tre absidi e tre navate, larga come l’attuale, ma lunga pressoché il doppio. Questo edificio si sapeva della sua esistenza perché citato in un documento dei primi decenni dell’XI secolo, ma non si conosceva niente delle sue caratteristiche architettoniche che in parte vennero svelate dagli scavi d’inizio anni Settanta. Furono portati alla luce i resti di due absidi laterali che mostrano un pietrame, come la parte bassa del muro posteriore e dell’attuale abside, ben diverso da quello presente nella pieve del XII secolo. Aveva tre navate come quella odierna, ma divisa da colonne anziché pilastri. Il basamento di alcune di queste è stato lasciato visibile dopo gli scavi.
Elemento architettonico decisamente particolare, nella Pieve di Socana, è la torre campanaria; cilindrica per due terzi, a sezione esagonale la parte alta. Questa forma anomala, almeno per il territorio casentinese ed anche aretino, nel corso degli anni è stata motivo di varie interpretazioni relative alla sua costruzione. Inizialmente si è ipotizzato che la parte cilindrica fosse in origine una torre d’avvistamento romana trasformata in campanile con l’aggiunta della cella campanaria a sezione esagonale quando fu edificata la chiesa del Mille. L’ipotesi successiva sosteneva che la parte cilindrica fosse coeva alla chiesa del Mille, mentre la parte esagonale appartenesse alla pieve del XII secolo. Negli ultimi anni si è fatto strada il pensiero che l’intera torre campanaria sia una costruzione del XII secolo. Questo anche per la corrispondenza degli angoli della pianta esagonale superiore con le lesene presenti sulla parte cilindrica.
Per quanto concerne la forma rotonda del campanile, anomala per questa zona, gli studiosi sono concordi nel sostenere che, data l’importante viabilità che verso nord-est da Socana arrivava fino in Romagna, nella costruzione della torre possa avere influito lo stile bizantino di Ravenna.
In realtà, un’altra torre a sezione esagonale esiste in Casentino, ed anche molto vicino a Socana. Si tratta del moncone rimasto di una torre di ronda del Castello di Focognano, il primo attestato in quella parte del Casentino sotto il dominio del Vescovado di Arezzo, 1022. La Pieve di Socana fu la chiesa battesimale di riferimento nel territorio sotto il dominio dei feudatari di Focognano. La parte esagonale del campanile di Socana e la torre del castello potrebbero essere molto vicine come periodo di costruzione, difficile dire quale sia stata la prima. È lecito pensare che non sia solo casualità una forma così simile in due strutture così vicine e così legate da motivi religiosi, amministrativi e politici.
Pieve a Socana, l’internoSpostiamoci ora nella parte anteriore della Pieve di Sant’Antonino a Socana e fermiamoci qualche istante sul suo sacrato. Siamo già idealmente all’interno di quelle che furono le chiese del Mille e del XII secolo perché entrambi gli edifici occupavano anche questo spazio. L’attuale pieve, in periodo indefinito, subì un crollo nella sua parte anteriore. In fase di ricostruzione, probabilmente XVI secolo, fu accorciata di tre campate. La facciata mostra in modo evidente un pietrame ben diverso da quello del resto dell’edificio, ma anche da quello presente sulla parete che delimita il sacrato a sinistra. Questa in origine apparteneva alla chiesa. Le fessure presenti nella facciata furono praticate nei restauri degli anni Settanta per mostrare come i pilastri dell’attuale prima campata erano stati integrati nella parete ricostruita nel Cinquecento.
Entrati in chiesa, ci troviamo di fronte ad una pianta dell’edificio pressoché quadrata con massicci pilatri che dividono le tre navate. Quella di destra, con pavimento più basso, corrisponde per dimensione a quella che fu la chiesa dell’VIII o IX secolo. In questa navata possiamo vedere il basamento di colonne che appartennero alla pieve del Mille. Anche nella navata di sinistra possiamo vederli, ma sotto una grata perché il pavimento è più alto. Questi basamenti mostrano come le colonne della chiesa del Mille fossero più ravvicinate rispetto agli attuali pilastri che presentano alla loro sommità capitelli di forma schiacciata e le semplici raffigurazioni che vi erano scolpite sono ormai indecifrabili ad eccezione di due, a fianco della zona presbiteriale, dove si distinguono delle foglie. Le foto nelle pagine in sequenza da 7 a 14 mostrano e descrivono l’interno della chiesa e alcuni particolari.
La Pieve di Sant’Antonio a Socana (questo santo è il patrono di Piacenza, qui fu martorizzato nel 303) si può definire “artisticamente povera” rispetto alle pievi dell’alto Casentino (Romena, Stia, Montemignaio, Strada). Probabilmente non ebbe nobili o ricche famiglie che la finanziarono e le maestranze erano sicuramente locali e non quelle specializzate lombarde. Si può sicuramente parlare di una chiesa più vicina al significato letterale del termine pieve, dal latino plebs plebis: plebana, del popolo. Ma se ci poniamo tra l’abside e l’ara etrusca e lasciamo libera la nostra immaginazione vedremo accanto a noi architetture inconsuete quanto affascinanti. Una sensazione che forse in tutto il Casentino, ma anche oltre, solo la Pieve di Socana può darci.

La chiesa di Socana è generalmente chiusa.
Per visitarla è opportuno telefonare:
+39.333.9631188 - Ilaria
+39.371.4323239 - Mauro
All’area archeologica si può accedere in qualunque momento. Si entra da un cancello accanto alla canonica o dal parco giochi posto poco oltre.

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