Dal Varco di Anciolina a Badia Santa Trinita
Da uno storico varco sul Pratomagno all’antica abbazia benedettina sulla Via Abversa

Testi e foto di Alessandro Ferrini ©
75 immagini in sequenza per conoscere nel dettaglio questo itinerario. Clicca per iniziare l’escursione virtuale
A Badia Santa Trinita camminando sull’antichissima Via Abversa
L’itinerario ad anello descritto e mostrato in questa pagina e nelle settantacinque in sequenza ci condurrà ai ruderi di Badia Santa Trinita. Ha partenza e arrivo dal Varco di Anciolina. La sua lunghezza è di circa 11 chilometri e il dislivello altimetrico totale è di 800 metri. L’escursione, sulle pendici sud del Pratomagno, ci farà camminare attraverso una stupenda natura costituita non solo da bellissimi boschi di faggio, castagno e abete, ma anche dalla presenza di quattro corsi d’acqua: il Fosso della Specchiana, il Fosso della Badia, il Fosso delle Cetine e il Fosso della Via Traversa. Quest’ultimo nome c’introduce agli affascinanti aspetti storici che la passeggiata ci presenterà, meno appariscenti di quelli naturali, ma non meno interessanti. Cammineremo, infatti, su un tratto dell’antica Via Abversa (etrusco romana), detta anche Via Abaversa, o Via Traversa.
Il Varco di Anciolina si trova lungo la strada che dalla Panoramica del Pratomagno sul Valdarno conduce a Monte Lori. È facilmente raggiungibile da Arezzo attraverso il Passo della Crocina, dal Valdarno sempre tramite lo stesso passo o utilizzando la strada che sale per Chiassaia e Anciolina, dal Casentino passando per Talla e Pontenano. Il luogo, più conosciuto semplicemente come Varco, è inconfondibile per la presenza di un grande spiazzo (che ha funzione d’imposto per legname) posto all’esterno di una curva a sinistra, ad un chilometro dalla Strada Panoramica del Pratomagno. Qui si trova l’indicazione “Badia Santa Trinita km 3”. In questo punto il massiccio Pratomagno era attraversato da un’antichissima strada: la Via Abversa. Tale direttrice collegava due luoghi i cui toponimi riconducono alla civiltà etrusca: Socana, in Casentino e Gropina, in Valdarno. Oggi la Via Abversa, dal Varco fino a Santa Trinita, è ricalcata in linea di massima da una strada forestale che a sua volta coincide con il CAI 32. Inizia su questo percorso la nostra escursione, in direzione nord-est, o, se vogliamo, verso il Casentino.
Per un breve tratto la strada è percorribile anche in auto perché è di servizio al Campeggio Fonte dello Squarto che incontriamo dopo trecento metri. Oltrepassato questo, una sbarra chiude il transito ai mezzi motorizzati. Duecento metri dopo questa inizia un tratto panoramico del percorso. All’orizzonte, la montagna più vicina è l’Alpe di Catenania con La Verna più a sinistra. In assenza di foschia la nostra vista può andare oltre, più a destra scorgiamo il Monte Nerone, il Catria, il Monte Cucco e, ancora più lontani, i Sibillini.
Di particolare interesse è il toponimo che nelle mappe contraddistingue la zona posta sotto la strada forestale. È indicata come Badia Vecchia o Badivecchia. Il manoscritto che parla della fondazione di Santa Trinita narra che l’attuale sito non fu quello che vide l’origine dell’abbazia. È lecito supporre, quindi, che in questa zona sia sorto il primo insediamento monastico.
Oggi la vegetazione di Badivecchia è costituita da faggi, castagni, più in basso, e molti cespugli. Un tempo era completamente spoglia di boschi e per secoli è stata un grande pascolo utilizzato per lo più dai pastori di Pontenano, questo fino agli anni Cinquanta del Novecento.
Osservato il panorama, riprendiamo il nostro cammino sulla strada forestale. Poco più avanti ci aspetta qualcosa di molto interessante. A ottocento metri dalla sbarra, all’esterno di una curva a sinistra in discesa, c’è un piccolo spiazzo. Qui la via storica, segnata nell’attuale mappa catastale e contraddistinta come Strada Vicinale del Valdarno, non seguiva l’attuale strada forestale, ma andava a destra. Esiste ancora, è una pista forestale che scendendo s’addentra in un bosco di faggio. Dopo un centinaio di metri quasi dritti, volta a sinistra in modo repentino e prosegue la sua discesa verso una piccola conca dove scorre il Fosso della Specchiana. Noi, però, prima di intraprendere questo percorso, andiamo dritto su una pista forestale che continua a scendere per duecento metri. Giungiamo all’inizio dell’abetina di Cantalocchi (nome utilizzato dalle persone della zona, non riportato nelle mappe). Qui, su una sorta di un piccolo crinale ci sono i ruderi di un edificio che gli anziani di Pontenano ricordano come una capanna di pastori. Non c’è dubbio che questo sia stato un suo utilizzo, ma fu sicuramente un adattamento perché osservando meglio notiamo che la sua pianta e ciò che rimane delle mura hanno caratteristiche diverse dalla capanna di un pastore o di un carbonaio (una si trova ad un chilometro di distanza, Capanna del Braccini). La sua dimensione è doppia rispetto a quanto appare a prima vista. Il muro più a monte (opposto all’ingresso) ha uno spessore di 75 centimetri e molte pietre che lo compongono sono lavorate. L’accesso al piccolo edificio ha una larghezza di 60 centimetri, ai pastori servivano ingressi più ampi.
Cosa sarà stata in origine questa costruzione? Difficile dirlo, forse degli scavi ci svelerebbero qualcosa in più. Per il momento godiamoci una bella suggestione che alcuni inconfutabili elementi fanno scaturire in noi. Siamo accanto alla zona segnata come Badia Vecchia nell’attuale mappa catastale, i locali cercatori di funghi chiamano questo luogo Badivecchia, il manoscritto che tratta la fondazione di Santa Trinita parla di un sito precedente all’attuale (probabilmente molto piccolo e utilizzato per pochi anni), i ruderi che stiamo osservando sono certamente appartenuti ad un “edificio nobile”.
Riprendiamo il nostro cammino. Saliamo per duecento metri sulla pista forestale già percorsa e al bivio voltiamo a destra iniziando a scendere in una
bella faggeta. In quattrocento metri raggiungiamo una sorta di piccola conca percorsa dal Fosso della Specchiana, lo scorrere delle sue acque ci offre un piacevole mormorio. Ci troviamo in un ambiente naturale stupendo, ma quello che rende ancora più affascinante il luogo è il pensiero che la strada su cui stiamo camminando è stata per secoli, ma possiamo anche dire per oltre due millenni, il più importante collegamento tra Casentino e Valdarno nella parte sud del Pratomagno. Questo fine agli anni Trenta del Novecento.
Oltrepassato il fosso, dopo cento metri rientriamo sulla strada forestale che avevamo lasciato per andare a vedere i ruderi e che da qui a Badia Santa Trinita (settecento metri) ricalca in linea di massima la Strada del Val d’Arno, così è segnata in una pappa catastale del 1824. Ancora qualche minuto di cammino e le piante di faggio lasciano spazio a secolari castagneti. Venti metri prima del piccolo ponte di legno che ci fa attraversare il Fosso della Badia, il CAI 44, che proviene da Pontenano, s’immette da destra sul nostro percorso. Da qui, CAI 32 e 44 si sovrappongono. Torneranno a separarsi dietro il complesso benedettino che raggiungiamo in centocinquanta metri di salita oltre il fosso.
L’abbazia, posta a 952 metri di quota, ci appare improvvisa. Nonostante sia ridotta a rudere conserva un grande fascino, il primis per il luogo dove si trova. Il primo pensiero che ci viene in mente è come sia stato possibile che un complesso religioso di tale magnificenza sia sorto in un luogo così lontano da tutto. Non era così nel X secolo. Come detto, da qui passava un’importante direttrice, la Via Abversa, su cui stiamo camminando con questa escursione. Altre notizie su Santa Trinita sono riportate alle pagine 26, 27, 28 e 29 della sequenza.
Cinquanta metri dietro il complesso monastico si trova la Fonte della Badia. Qui CAI 32 e 44 si separano. Il primo volta a destra per dirigersi verso Capraia. Noi continuiamo dritto sul CAI 44 che dopo pochi passi pianeggianti inizia una ripida salita tra gli abeti per raggiungere in settecento metri Passo alla Forca, 1065 metri, dove il CAI 44 termina immettendosi sul CAI 40 che scorre su questo crinale che separa i Comuni di Talla e Castel Focognano. Passo alla Forca è detto anche “Uomo Morto” o “Prete Morto”, a pagina 35 spieghiamo perché. Le mappe catastali, attuale e del 1824, mostrano che qui la “Strada del Valdarno” (forse anche Via Abversa) continuava dritto scendendo le pendici opposte del monte e andare a raggiungere Carda. Purtroppo questa strada non è più praticabile perché chiusa dalla vegetazione. Per nostra comodità supponiamo che a Passo alla Forca la Via Abversa,
per raggiungere Socana, andasse a destra, verso Faltona. È una strada ben percorribile e anche più breve.
Il nostro itinerario, comunque, prevede di andare a sinistra, quindi sul CAI 40 dirigiamoci verso nord-ovest. La strada inizia a salire, dopo trecento metri, in corrispondenza di una curva a destra cementata, voltiamoci indietro. Avremo un bellissimo panorama. In basso vediamo la stretta valle del Torrente Capraia che scende verso Talla. Sullo sfondo (in assenza di foschia) distinguiamo Arezzo, la piana circostante la città e la Valdichiana. All’orizzonte, più a destra vediamo una cima dalla forma appuntita: è il Monte Cetona.
Continuando il nostro cammino, in altri cinquecento metri giungiamo ad un bivio a destra dove una pista forestale, corrispondente al CAI 38, che scende a Carda. Negli anni Cinquanta del Novecento sostituì la strada che scendeva da Passo alla Forca, non idonea ai mezzi forestali motorizzati che il progresso stava portando. Noi continuiamo dritto, da qui anche il nostro percorso sarà il CAI 38 che seguiremo per un chilometro. In corrispondenza di un piccolo pianoro alla fine di una discesa, lasciamo il CAI 38 per imboccare una pista forestale a sinistra. Dopo un centinaio di metri troviamo un piccolo bivacco. Da qui il percorso inizia una discesa costante dentro un fitto bosco di abeti e faggi che in pochi minuti ci conduce ad un bellissimo corso d’acqua: il Fosso della Via Traversa. Toponimo interessantissimo perché conferma che in questa zona passava l’antica Via Abversa. Oltre il fosso, per ottocento metri, il percorso scorre dentro una bella faggeta alternando salite non impegnative a tratti pianeggianti. Poi inizia una discesa all’interno di una fitta abetina che finisce poco prima del Fosso delle Cetine. Quattrocento metri più in basso questo corso d’acqua si unisce al Fosso della Via Traversa e insieme formano il Fosso della Badia che abbiamo attraversato poco prima di giungere all’abbazia. Ora la nostra strada sale nuovamente, poi diviene quasi quasi pianeggiante in prossimità di un incrocio dove ritroviamo la strada forestale che avevamo lasciato per andare a vedere i ruderi della possibile Badia Vecchia. In questa zona il bosco di faggio ci mostra piante che sono dei veri monumenti naturali. Alla nostra destra c’è lo scheletro di quella che fu una capanna di riferimento per coloro che si trovavano a lavorare in questi luoghi montani. Nelle mappe è segnata come Capanna del Braccini. Costui fu una sorta di fattore dei Cassi, gli ultimi proprietari
privati di Santa Trinita che possedevano in questa zona del Pratomagno anche cinquecento ettari di terreno. Possiamo osservare ciò che rimane di questa capanna alle pagine 59, 60, 61 e 62.
Continuiamo a dritto il nostro cammino attraversando la strada forestale. Dopo una trentina di metri il percorso volta a sinistra addentrandosi nel bosco. Questa nuova pista forestale (per un tratto anche sentiero) in poco più di due chilometri di saliscendi conduce alla strada asfaltata che sale a Pian di Lavacchi (Prato di Monte Lori). Attraverseremo boschi di varie tipologie e incontreremo anche un punto panoramico che offre una bella vista con il Monte della Verna all’orizzonte. Attraverseremo nuovamente il Fosso della Specchiana, ottocento metri prima di arrivare alla strada su cui entreremo in corrispondenza di un ampio spiazzo posto all’esterno di una curva. Da qui non ci rimane che discendere, in seicento metri arriveremo al Varco, punto di partenza dell’escursione.